Testimonianze: Un testimone vivente
Testimoni
UN TESTIMONE
VIVENTE
Per un
ragazzo del Meridione, timido ed introverso (quale almeno ero allora), capitato
a Genova nel dopoguerra, non fu facile inserirsi neppure negli ambienti giovanili
della mia parrocchia.
Avevo avuto peraltro la non felice sorte di incontrare,
soprattutto al paese d'origine, ma anche nei primi anni genovesi, qualche
sacerdote burbero e severo, più nel senso che oggi suole esprimersi col
neologismo "serioso" che non nel significato di un sano e
accattivante rigore cristiano.
Incontrare
perciò Don Acciai, allora curato di S. Tomaso, fu per me una insperata
fortuna, un modo per riconciliarmi, come dire, in pieno con la mia Chiesa.
Aveva sempre sulle labbra un sorriso che non conteneva nulla di stereotipato,
ma traduceva soltanto i suoi sentimenti di gioia sincera dell'incontro con gli
altri; la battuta di spirito per metterti a tuo agio e per rinfrancare il
morale gli era così connaturata che sarebbe difficile ricordarlo non
associandolo a questi particolari vivissimi. Intrattenersi con lui al
confessionale era, senza enfasi nei termini, un celebrare davvero la
riconciliazione della creatura col proprio Creatore e con i fratelli: un sano e
costruttivo sorridere sulle miserie e debolezze umane costituiva anche allora
un meraviglioso ed indimenticabile segno del perdono di cui egli era
amministratore in nome del Padre misericordioso.
Penso
a come sarebbe prezioso oggi il suo servizio nella Chiesa locale in questo
tempo in cui siamo chiamati in modo particolare a questa riconciliazione: ma
ancor più preziosa è certamente, nella dimensione dell'Eternità e della
Comunione dei Santi, il Suo sorriso da lassù.
Un
flash: l'ho incontrato, forse l'ultima volta, in piazza della Nunziata: correva,
sì, lui, col suo certo ingombrante peso corporeo, perché aveva da inoltrare una
pratica per un povero sulla sua nuova parrocchia di via Vesuvio: era sul
mezzogiorno e rischiava di trovar chiusi gli uffici: me lo farfugliò
trattenendo a fatica il respiro ed ansimando, ma non potè fare a meno di
fermarsi un solo istante e, prorompendo in una esclamazione di gioia, mi
confidò: "sai, poi ti dirò, torna Don Mazzini, ci vediamo", (ricordo
pressappoco parole simili) e, così dicendo, riprese la sua corsa, accaldato e
tergendosi la fronte col fazzoletto tratto dalla sottana non certo idonea a
queste imprese.
Sì, c'era proprio tutto il
buon Don Acciai in quella fugace apparizione: a servizio dei poveri, nel
sacrificio e nel sudare (significativo in fondo, anche il suo drammatico passaggio
all'altra vita!) e nelle sue esplosioni di gioia, vivendo profondamente il
sentimento dell'amicizia. Non mi disse: "ci rivedremo lassù", come il
Frà Cristoforo dei Promessi Sposi, ma
ancora oggi, non so perché, non riesco ad evitare il sovrapporsi di questi due
ricordi, di così diversa natura.
Dom Helder Camara, durante
la sua visita ai teologi di Lovanio ebbe ad esortarli ad essere prima di tutto
"testimoni viventi del Dio vivente": ebbene, in Don Acciai ho
incontrato proprio un testimone vivente (e testimone coraggioso e fedele del proprio
tempo), di un Dio vivente, quel Dio in cui egli ci ha aiutato a credere di più,
colla sua vita e la sua morte, arso da quel suo ardore di carità per i poveri
di Dio.
Lelio Terminiello