Testimonianze: Lettere di missionari - Don Acciai - un prete, una comunità, un quartiere

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Don A. Acciai - un prete, una comunità, un quartiere
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Testimonianze: Lettere di missionari

Testimoni
LETTERE DI MISSIONARI
Mi ricordo che, quando il 25 febbraio 1974 alle ore 24 (mezzanotte!!), arrivai a Genova col treno dalla Sicilia, non riuscendo a trovare nei   dintorni della stazione un albergo libero, ho formato il numero della   parrocchia. Quale non fu la mia sor­presa dopo il primo squillo udire la voce   di Don Acciai. Mi accolse come se   quella fosse l'ora opportuna per disturbare un amico. Domandò se avevo cenato, ed alla mia risposta affermativa disse che, nonostante questo, alcuni succhi di frutta non mi avrebbero fatto male.
L'indomani prima della mia partenza per il   Brasile, ebbi la fortuna di concelebra­re con lui. Era una Messa di nozze d'argento, ma egli non perse l'occasione di fare pregare i presenti, oltre che per me che partivo, anche per un giovane marittimo che era morto sul lavoro.
Sono sicuro che non potrò mai dimenticare l'esempio sacerdotale, cristiano, uma­no che Don Acciai ha saputo imprimere nel mio animo. Veramente il suo carisma adesso si è spezzato ed è la nostra eredità.
Accetto questa eredità e spero possa fruttificare in me.
P. Arcangelo Rigazzi, missionario siciliano in Brasile

Abbiamo conosciuto don Acciai la vigilia della nostra partenza per il Brasile. Solo un giorno abbiamo vissuto con lui. Ci   diede animo quella sua vita, ci incoraggiò la sua presenza e la sua benedizione al porto di Genova. Per noi, che per la prima volta lasciavamo l'Italia, per venire in una terra dove non avremmo trovato nessuna per­sona conosciuta, la sosta nella   Parrocchia della Provvidenza fu pausa veramente provvidenziale.
Tornando un giorno in Italia, sentiremo la mancanza di un incontro.
Suore della Piccola Missione per Sordomuti, missionarie bolognesi in Brasile

Ho presente quella sera del dicembre 1973, quando arrivammo a ora tarda, con il camioncino carico di bauli, e con un vento che pareva volesse spazzarci vía ogni momento, e don Acciai sali con noi (non so come abbiamo fatto a starci in 4, di quel calibro, dentro quel camioncino!) e ci portò dai Padri Minimi per la cena e per dormire. E non volle che alle 24,3010 riportassimo a casa. "No", disse, "voi dovete riposare perché siete stanchi per il viaggio: io faccio l'autostop, oppure prendo l'au­tobus". Non volle assolutamente che ci disturbassimo.
Don Acciai e io lo ricorderò sempre così: un uomo semplice, alla papa Giovanni, schietto con tutti, che parla volentieri delle battaglie combattute per costruire la sua comunità parrocchiale, e che vuole aiutare tutti, specialmente i missionari. Io ringa-zio il Signore che me lo ha fatto incontrare, per il bene che mi ha fatto.
don Gerolamo Venco
della Pia Società S. Gaetano, missionario vicentino in Guatemala

Purtroppo, a volte i disegni di Dio sono così imprevedibili che non sempre riuscia­mo a conformarci, ma io so che la forza della fede, da don Acciai vissuta e predica­ta, la solidarietà di una comunità formata come quella della Parrocchia della Prov­videnza, daranno a tutti il coraggio di superare questo terribile choc. Mi ha impres­sionato la testimonianza del padre di don Acciai: "I piani della Provvidenza sono infiniti".
Che lo Spirito Santo faccia intendere a tutti che dobbiamo portare avanti il discor­so che i nostri morti avevano iniziato, con coraggio e perseveranza. La lotta e la for­za che ci costerà il cammino della Croce ci faranno entrare in quel gruppo di violenti che conquistano il Regno.
La pedagogia della Croce non è stata solo per Cristo una scelta di salvezza, ma lo diviene per noi e, quotidianamente lo constatiamo, è un cammino autentico di purificazione e di impegno.
dom Jackson, vescovo brasiliano

Dinanzi a simili avvenimenti, qualsiasi spirito cristiano rimane scosso e compartecipa del lutto tragico e violento, in qualsiasi parte del mondo avvenga a qualunque persona afferri.
Nel rogo di via Vesuvio non c'è logica: c'è mistero.
In quelle vampate e sui quei cadaveri non valgono lacrime e spiegazioni. Ci si avvicina molto al delirio del Golgota: anche qui, invano si va in cerca di un nesso logico.
Il pensiero che più mi martella dentro (ed è l'unica riflessione che regge alla fe­de) è quella della carta (strumento di carità) è stata lo strumento che ha consu­mato le vittime, come nel Vecchio Testamento il fuoco bruciava l'animale del­l'olocausto.
P. Alberto Morini, dei Servi di Maria, missionario emiliano in Brasile

Ho avuto due sole occasioni di incontrarlo, ma il caro, indimenticabile don Anto­nio è stata una di quelle figure che rimangono impresse per sempre nella nostra vita.
 
Don Antonio — ha detto il Cardinale — "è morto sul rugo della sua carità". Mi sembra che la frase ben si addica al concetto di una vittima di espiazione per i mali che sono nel mondo, anche nella chiesa di Cristo, mali che pesano enormemente nel­la bilancia della Giustizia, che non può scomparire, anche se vogliamo talvolta na­sconderla sotto il manto di una Misericordia infinita. Lo so che è duro pensare cosi, ma perdonatemi se ho osato accompagnare il triste distacco di una persona cara con l'idea di una scelta di olocausto permessa da Dio.
 Per questo, pensiamolo così, unito alla sua mamma perenne e ad un fratello in Cristo, beatamente sereno nella luce di Dio. Per questo, non porgo condoglianze, e anche se il cuore di carne piange, canto "alleluia", convinto che nella casa del Pa­dre certamente ha ottenuto un posto di onore.
Angelo Berta, di Savona

Anch'io adesso, a distanza di mesi, ho capito che don Acciai è vivo.                         
 
Cerchiamo di continuare a fare e a testimoniare, con la nostra vita, quello che lui ci ha insegnato. Anch'io qui capisco che devo trasmettere quello che ho ricevuto da lui. Ho incominciato a farlo ieri, partecipando ad una giornata di ricerca comunitariìa nella mia parrocchia, qui a Grenoble.
 
Ho pensato molto alla comunità di don Acciai e penso che devo portare le esperienze positive in questa nuova comunità francese in cui il Signore, per ora, mi ha trapiantata.                              
 
Mimma Angeloni, già missionaria laica in Madagascar
 
 

La testimonianza di don Acciai non ha bisogno di parole: parla da sè.
 
Ringraziamo la paternità divina che ci ha mostrato un'incarnazione del suo Amo­re.
 
Capiamo bene il vuoto, la mancanza, il dolore; ma la pedagogia di Dio è quella di strappare, di fare esodo, in tutti. Chiniamoci davanti a Lui e, con fede, diciamo: "Signore, oggi ho scoperto un tuo nuovo modo di amarmi. Grazie!".
 
Capiamo bene il vostro dolore, ma la fede ci dice che egli è più presente, più ope­rante di prima.
 
Ognuno di noi lo stimava molto e forse, per un certo egoismo umano, non ci ren­devamo conto che era già maturato per godere, a viso scoperto e con animo libero, la gloria della Trinità. Questa realtà deve incoraggiarci a continuare a vivere il cari­sma che egli, padre, ha lasciato, nella speranza dell'incontro, che avverrà dopo aver raggiunto l'amore vero e disinteressato per i fratelli tutti: specialmente gli ultimi, i poveri.
 
Suore della Sacra Famiglia di Cesena, missionarie in Colombia
 
Don Acciai, nelle poche ore che passammo nella sua casa, fu come una luce im­provvisa che il Signore mise nel nostro cammino. Lo avevamo dimenticato un poco, anche se, nei nostri due anni di missione, non sono mancati momenti di particolare vicinanza, come l'occasione del suo venticinquesimo di sacerdozio.
Ora, improvvisamente, questa luce brilla con più luminosità al nostro sguardo. In lui riscopriamo il senso più profondo della vita e della comunione, siamo creati per il Regno.
Il sapere che apparteniamo tutti allo stesso Regno — sia quanti peregriniamo an­cora sulla tera, sia quanti hanno già raggiunto il Cielo — è il motivo della nostra comunione profonda, pur in mezzo all'evidente separazione.
Suore di S. Giuseppe dell'Apparizione, missionarie toscane in Guatemala

Personalmente, ho visto solo di sfuggita don Acciai, quella sera del 28 gennaio 1972, in cui cenai con voi in via Vesuvio. Lo potrei definire un uomo essenziale; con sottane o senza sottana, ha scelto l'essenziale. I suoi scritti ce lo presentano come un uomo che ha servito, e questo è ciò che più mi piace. Un uomo che ha servito, e che è sparito, clandestinamente, nel fumo. Il suo servizio si è consumato. Certo, come qualsiasi uomo che ha fatto della sua vita un servizio, don Acciai merita il ri­spetto e l'ammirazione che si riserva per le persone che hanno servito con la coscien­za di lasciare dei gesti che la storia di ogni giorno registrerà e tramanderà a tutti co­me luce e cammino.
La nostra vita è proprio un baleno che passa, si fa appena in tempo a vedere e già sparisce. Oltre che essere rapida, la vita è anche insicura. Siamo e viviamo nel­l'insicurezza più povera. Siamo poveri perché siamo nell'insicurezza, siamo nell'in­sicurezza perché siamo poveri ....
Viviamo l'esodo in tutte le sue dimensioni e sentiamo la provvisorietà in cui è si­tuata tutta la nostra vita.
P. Alberto Allodi,
Saveriano, missionario in Brasile

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