Rapporti con la comunità di Oregina - Don Acciai - un prete, una comunità, un quartiere

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Rapporti con la comunità di Oregina

Lettere
RAPPORTI CON LA COMUNITÀ DI OREGINA
Ciclostilato del 17 settembre 1971

DON ACCIAI, ALLA COMUNITÀ DI OREGINA, DÀ IL CUORE, MA NON LA TESTA!
Chiarificazione doverosa sui suoi rapporti con detta comunità.
 
Domenica 12 settembre ore 11: sono in piazza per l'Assemblea di preghiera della Comunità di Oregina".
Per essere presente a questa riunione ho superato una crisi di coscienza. Infatti venerdì 10 nell'Assemblea della comunità ho polemizzato vivacemente con Padre Ago­stino, ex parroco di Oregina, e ne ho messo in evidenza le facili mistificazioni nelle quali egli incorre.
Ho iniziato proprio dalle sue dichiarazioni ad un settimanale, riprese poi da tutta la stampa, sulla sua esperienza missionaria in Corea.
Egli dice: "Ho trovato là la Chiesa trionfalista, ho domandato di andare tra i leb­brosi, i miei superiori di laggiù mi hanno detto: "Aspetta due anni" allora son venu­to via per non perdere la fede: fu la mia vera conversione quella!"
La verità invece è più semplice: i due anni richiesti a Padre Agostino è quel perio­do che tutti i missionari passano in un istituto in Corea per apprendere l'inglese, il coreano e ambientarsi prima di fare attività pastorale fra i fedeli, lebbrosi compresi.
Infatti i missionari che partono per la Corea si impegnano a rimanervi almeno tre anni. P. Agostino sapeva ciò quando era partito dall'Italia, ma là in Corea non se l'è più sentita ed è ritornato dopo sei mesi.
Comprendiamo e scusiamo umanamente la sua dolorosa decisione, ma non pos­siamo ignorare i fatti.
Nella stessa Assemblea di venerdì 10, continuavo così rivolto a P. Agostino: "An­che in questa circostanza che decide la tua vita, (si tratta infatti di restare nell'ORDI­NE FRANCESCANO od uscirne), comprendiamo benissimo le tue perplessità, ma non possiamo approvare il modo con cui tenti di uscirne. Infatti, prescindendo dalla "Suspence" nella quale ci ha tenuto in questi mesi, fino a mezzogiorno di oggi so che tu volevi fare l'obbedienza, in questa assemblea hai fatto un lungo discorso che sembrava portare alla logica conclusione: "Faccio l'obbedienza! Vado a Pietraligure!", ma poi ho avuto la netta impressione, (e ho saputo poi che non fu solo la mia!) che tu ti sia lasciato suggestionare dal gruppo che ti circonda e ha improvvisamente concluso: "Rimango in Oregina, vado fino in fondo!"
È stato il tuo finale tanto improvviso che i più non lo hanno neppure compreso e tu hai dovuto tornare a precisarlo!"
Sono questi tuoi colpi di scena improvvisi che mi lasciano perplesso!
Sono stato veramente martellante contro P. Agostino, anche se l'ho fatto per di­fendere la verità.
Inoltre in quell'assemblea tempestosa, alzando il tono che da tempo tenevo, ho polemizzato anche sulle tesi e i modi della comunità: ho infine promesso un "LI­BRO BIANCO SU OREGINA" che avrei distribuito nella domenica successiva.
Infatti sabato, riordinando degli appunti, compilo 10 matrici formato protocollo, entro poi in una crisi che sfocia in questa decisione:
"Andrò in Oregina, nel nome della carità, domanderò perdono, del mio attegiamento di venerdi sera, costi quel che costi!".

Domenica 12 settembre: nell'assemblea di preghiera faccio di più del proposito pre­so: davanti a tutti straccio il mio "LIBRO BIANCO".
Preciso che il mio gesto non ha il significato di allineamento alle tesi di Oregina, ma solo un voler rimanere uniti nell'amore fraterno.
Inoltre scioccato veramente dalle prevedibili conseguenze deleterie che sarebbero sopravvenute nella vita pastorale della comunità di Oregina dal gesto di P. Agostino e dall'acuirsi della tensione, uscendo completamente allo scoperto e agendo con tut­ta e solo la mia responsabilità, offro pubblicamente:
1) Ospitalità a P. Agostino in un appartamento della mia canonica.
2) Il salone nostro per le riunioni della loro comunità.
3) La Chiesa servirà a noi e a loro con particolare riguardi per l'orario.
La nostra Chiesa di Via Vesuvio dista 5 minuti dalla Chiesa di Oregina: concludo così: "Sdrammatizziamo la situazione e semplifichiamola imponendoci, in una fase interlocutoria, un momento di serena meditazione e sarà cosi anche una chiarifica­zione nella vita della vostra parrocchia".
Di fronte a questo gesto imprevisto ci fu un mare di lacrime e di abbracci che con­tinuò in una calorosa visita che un gruppo di Oregina mi fece qui in Vía Vesuvio nel pomeriggio di quella domenica.
In serata poi, alle 23.30 alla stazione Brignole, lo stesso clima vivificò l'incontro tra un gruppo della comunità con P. Agostino che era di ritorno da Firenze assieme ad altri.
 
Ma passano i giorni e c'è un ripensamento.
Nell'assemblea di venerdì 17 si affossa la decisione che era scaturita dall'entusia­smo delle persone più semplici e che erano per l'accettazione della proposta di Don Acciai.
Le soluzioni che potevano quindi prospettarsi erano queste:
1) No: rimaniamo qui, che tutti vedano il torto fattoci. (soluzione massimalista).
2) No: per non creare grane a Don Acciai (soluzione caritatevole).
3) No: per non correre il rischio di essere riallineati (soluzione diffidente). Tutte queste decisioni avrebbero aperto il fianco a profonde critiche. Hanno invece detto:
4)  No alla proposta perché Don Acciai ci dà il cuore ma non la testa, ci dà i locali, ma al momento attuale, non è possibile un incontro con la sua comunità, che sul piano delle idee, per quanto si sa, è come lui contraria.
L'assemblea di Oregina ha approvato questa mozione.
Questa è una soluzione molto vera, molto profonda, che credo nessuno prevedes­se ed è venuta fuori dal gruppetto che è la mente della comunità, il quale infatti ha motivato la sua decisione con argomenti tanto alti da far dire ad uno dei presenti: "Andando avanti di questo passo, con toni così alti, nessuno prenderà più la parola nelle assemblee".
Rimane comunque da tirare la conclusione che il gruppetto dirigenziale ha capo­volto le previsioni della base.
Questo episodio conferma quanto da tempo io andavo sempre affermando:
La comunità di Oregina ha un gruppetto di persone valide, nella maggior parte proveniente dall'esperienza dei "CAMILLINI" e che vengono in buona parte da fuori zona, ma che sono veramente dialettiche e qualcuno addirittura "drogato della pa­rola" come ho spesso loro detto, ma comunque valide ripeto, ma che non hanno, mi pare, nessun diritto di sostituirsi alla comunità parrocchiale e trascinarla per le esperienze più impensate e che lasciano perplessi anche i più tolleranti.
Questo gruppetto, ho sempre ripetuto, faccia la sua strada, con o senza P. Agosti­no, sviluppi un determinato discorso che potrà essere più o meno accettato, ma per lealtà non deve strumentalizzare una parrocchia.
Quando dico che non hanno il diritto di rappresentare la comunità di Oregina, non mi appello al fatto del domicilio civile, ma, alla realtà che sono un gruppetto di punta che sperimenta le sue tesi su una massa parrocchiale che neppure si sogna certi problemi e che tuttalpiù scenderà poi in "Piazza" o in "Chiesa", spinta dalla emotività, alimentata dal clamore che ha ingigantito la "MODA DELLA CONTESTAZIONE".
Esemplifico col fatto delle cresime:
la tesi divulgata da Oregina fu questa:
"I ragazzi che avrebbero dovuto essere ammessi alla CRESIMA, in unione con i loro genitori, appoggiati da tutta la comunità parrocchiale, per solidarietà con i bimbi dell'ISOLOTTO esclusi dalla Cresima, rifiutano anch'essi la Cresima, consi­derata come un odioso privilegio nei confronti di quelli dell'ISOLOTTO".
In pratica a prendere questa decisione fu l'UN PER DUEMILA dei parrocchiani, seppur si arrivò a questa percentuale.
Infatti: assemblea del 14/5/71 in pieno clamore per il fatto: c'ero anch'io: su ven­timila parrocchiani: presenti 50, dei quali solo 15 di Oregina e non tutti favorevoli. Inoltre dei padri e della madri dei bimbi della Cresima:
NESSUNO!
Infatti a livello popolare non sì capiva che cosa stesse succedendo.
Ma il gruppetto di punta aveva fatto il suo colpo sensazionale.
Dico questo non per cattiveria: io per primo ed altri parroci facciamo molto me­no, ma dobbiamo tutti ammettere che sono problemi complessi, ma proprio perché tali con umiltà riconosciamolo e abbandoniamo la facile demagogia e le nostre intui­zioni e non pretendiamo di imporle a tutto il popolo cristiano, come se un gruppetto solo fosse depositario di tutta la verità e gli altri tutti nell'errore.
Per non parlare poi della carità che, mi pare, dovremmo avere verso tutti, com­presi coloro che nel popolo di Dio, hanno il servizio dell'autorità...
Nel pieno rispetto di tutti, concludo esprimendo la mia sincera convinzione che ciascuno deve seguire la sua strada in obbedienza alla propria coscienza, ma tutti uniti nello sforzo di una più autentica attuazione del Vangelo.
Don Acciai Antonio
Parroco di N.S. Della Provvidenza
V. Vesuvio 9 Genova
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