Testimonianze: Ho fiducia
Testimoni
HO
FIDUCIA
Solo alla luce di un reale ricupero del senso di
autenticità di chiesa sí può capire don Acciai e la comunità di via Vesuvio:
l'elenco delle cose fatte e delle attività intraprese non interessano se non
servono a far luce e a far vivere oggi le dimensioni delle beatitudini del
Vangelo. Cercare di capire forse significa procedere seguendo il criterio della
strada che porta piuttosto gli altri al Vangelo e non il Vangelo agli altri.
Mettersi nella condizione di ascolto, al passo con la gente, fare sempre e comunque
un tratto di strada insieme e qualcosa di più, credendo nella presenza reale di
Cristo e del Suo Spirito in tutti i fratelli, compresi i non credenti, è la
tacita condizione per sentirsi chiesa in via Vesuvio. Non si doveva fuggire le
occasioni. Nel non fuggire le occasioni si trova il recupero del senso
evangelico di chiesa, il senso di provvisorietà, il senso della Parola di Dio
come solo ed unico autentico messaggio.
Il coinvolgere tutti attraverso un problema: una notizia, era il solo modo di
vivere il messaggio. Lo sforzo era nella direzione della carità e della
giustizia.
Anche
quando si costruiva la struttura (vedi ad esempio i Volontari del soccorso) si
era nello spirito di supplenza (noi creiamo un servizio, coinvolgendo tutti, se
poi vi saranno altri migliori di noi, ben vengano); la fatica era nel vivere e
nel verificare gomito a gomito col fratello la testimonianza di fede. Ciò che
importava era che tutti fossero invitati a camminare.
La credibilità del messaggio era contenuta in questo
rapportarci agli altri continuo; convinti che il fare chiesa non era legato ai
quattro muri della parrocchia. Fare chiesa in via Vesuvio significava far fare
Pasqua alle persone e alle cose: consumare l'Angello insieme, spezzare insieme
il pane, scoprire i carismi dei fratelli. Don Acciai era presente in strada tra
la gente. La comunità era tutta la gente di buona volontà. La parrocchia era la
casa di tutti. Dietro lo stile dell'uomo vi erano i sacrifici, le dolorose
scelte quotidiane che imponevano di non tacere, la preghiera. Quel tipo di
chiesa non aveva nulla di pretesco e di clericale e la gente aveva capito.
P.S.
Se vogliamo riscoprire don Acciai e don Orazio, non andiamo a cercarli tra i
cadaveri: potremmo rimanerci male: la tomba è vuota. "Perché cercate tra i
morti Colui che è vivo?" (Lc 24,5).
Gianluigi Villa
"Vivere e
Comunicare" - aprile
1978