Appunti su "la contetstazione ecclesiale nel momento presente" - Don Acciai - un prete, una comunità, un quartiere

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Appunti su "la contetstazione ecclesiale nel momento presente"

Lettere
APPUNTI SU:
"LA CONTESTAZIONE ECCLESIALE NEL MOMENTO PRESENTE"
Ciclostilato integralmente ripreso da un articolo del "Secolo XIX" del 12-5-72 di G. Crisalli.

L'automobile ha motore e freni. Se fosse solo motore lo sfascio sarebbe inevitabi­le: se fosse solo freni sarebbe oggetto da museo. Dall'equilibrio degli elementi nasce il servizio che essa ci offre.
Accade per il regno di Dio nella sua evoluzione terrena, quello che accade per un campo: se ci pensiamo, in un campo ci sono mille cose più una: buon terreno e pie­tre, letame ed erbacce, semi buoni e vermiciattoli, il tutto per un piano provvidenziale. Così nella Chiesa: c'è il bene e il male, il Vescovo autoritario ed il Curato progres­sista, il credente tradizionale ed il giovane che fa la sua esperienza religiosa negli "hippies".
Mille sfaccettature cioè di quella realtà meravigliosa che è la Chiesa, inserita nel­l'umanità come segno del regno che viene.
Quello che dovrebbe veramente essere bandita è l'intolleranza: nessun gruppo è depositario di tutta la verità così che gli altri siano tutti nell'errore: quello che do­vrebbe invece animare tutto e tutti è la speranza.
Notiamo invece che all'uomo della contestazione ecclesiale, sta per sostituirsi l'uomo o il giovane senza speranza. Forse perché il contestatore cercava una soluzione "migliore".
Sempre il giovane è un po' contestatore: è nel piano provvidenziale dell'umanità. Ma c'è il pericolo del "perfezionismo", il pericolo cioè di confondere il "migliore" con il "perfetto", e quando si vuole il superlativo il limite è rifiutato e si finisce per bloccare tutto.
Si è voluto fare piazza pulita del "limite" che nel concreto sociale-comunitario prende anche il nome di "struttura".
Che cosa ne è sorto? Un grande senso di frustrazione.
Là dove la struttura è stata veramente abbattuta ci si ritrova di fronte a gruppi che a mala pena possono ancora chiamarsi cristiani.
Eppure il cristianesimo continua ad offrire quella che a noi sembra la soluzione di fondo: la speranza, che nasce dall'accettazione del limite, la speranza di chi gioca la sua vita su Dio.
Il cristiano sa della presenza dello Spirito che assegna offici ed incarichi diversi ed apre sempre nuovi orizzonti.
Una contestazione negativa e polemica per criticare, è ancora un restare ripiegati sul passato o sull'oggi: non è guardare il futuro.
C'è spazio per lavorare e per fare del bene, per inventare sempre una nuova vita.
Una cosa molto bella hanno mostrato questi ultimi anni e proprio in seno alla con­testazione (che in questo manifesta il suo lato positivo di cui si deve tener conto): l'esperienza della Chiesa quale comunità vissuta e che trae vitalità dalla celebrazione Eucaristica, inoltre è stata particolarmente sentita la profonda interconnessione che esiste tra Chiesa e mondo, tra speranza cristiana e tensione umana.
Perché questi valori possano affermarsi non ci si può esaurire in una polemica amara con i Vescovi, col Papa, con i Parroci, con i Monsignori: si dedica tutto il tempo alla polemica teologico-intellettuale ed intanto si perdono di vista gli uomini, le loro speranze, la loro vita.
Pensiamo invece che ci si dovrebbe impegnare in un lavoro rigorosamente critico, ma serenamente ancorato ai dati istituzionali, per un cambiamento profondo di men­talità e di atteggiamenti che tenda, sia pure nella esperienza dell'imperfezione e della debolezza umana, ad adeguarsi sempre più alle esigenze evangeliche.
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