Testimonianze: Missione: scambio di doni - Don Acciai - un prete, una comunità, un quartiere

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Don A. Acciai - un prete, una comunità, un quartiere
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Testimonianze: Missione: scambio di doni

Testimoni
MISSIONE: SCAMBIO DI DONI
L'ultimo incontro con don Antonio Acciai l'ho avuto all'aeroporto di Genova, nel dicembre del 1973. Ero in partenza per Roma, là avrei preso l'aereo per il Brasile dove rientravo per l'ultima volta. Avevo già salutato gli amici che mi avevano ac­compagnato da Savona e passato i controlli della dogana e della polizia. Attendeva­mo nella saletta l'arrivo dell'autobus che ci avrebbe portato all'aereo. Vedo spalancarsi i canceli ed entrare, quasi di forza, don Acciai. Era giunto in ritardo, ma era riuscito a superare tutti gli ostacoli perché doveva consegnarmi una lettera che tene­va, ben visibile, in mano.
Lo rivedo ancora così: mentre mi porge il "messaggio" della sua comunità "ai fratelli della comunità di padre Lino in Brasile" e mi abbraccia affettuosamente.
 
Dopo pochi mesi, quando per le mie condizioni di salute ho dovuto anticipare il mio rientro definitivo in Italia, l'amico ing. Mario Costa mi aveva offerto la possibi­lità di imbarcare il mio baule a Recife, su una nave da carico diretta a Genova. Avevo già iniziato le pratiche doganali. Sul baule le etichette portavano l'indirizzo: "Don Antonio Acciai — Parrocchia di N.S. della Provvidenza — Via Vesuvio — Genova". Un telegramma dell'ing. Mario mi porta improvvisa, dolorosa, la tragica notizia. L'indicazione della Parrocchia sull'indirizzo mi ha evitato ulteriori difficoltà perché ho dovuto soltanto cancellare il nome di don Acciai.
 
Ho raccontato questo particolare perché quel baule è ancora qui, accanto a me, con l'etichetta ormai ingiallita e con quel nome cancellato, ma leggibile, che mi ri­porta sempre il ricordo di un grande amico scomparso.
 
 

 
 
Ci sono persone che, fin dal primo incontro, entrano profondamente nella tua vita: le senti in piena sintonia con te, come fossero dei vecchi amici conosciuti da sempre. Don Acciai era uno di questi.
 
Era venuto a farmi visita con alcuni amici alla Stella Maris di Savona, nel 1971, in occasione del mio primo rientro, e mi aveva invitato a celebrare una messa nella sua parrocchia, perché potessi incontrare la sua comunità. Ricordo quella serata come una grande festa. Una di quelle messe in cui una comunità esprime non solo la sua fede, ma anche l'unità di vita dei vari membri, giovani e adulti. Lo scambio in cui avevano chiesto tanti particolari sulla mia esperienza: mi consideravano un privilegiato perché lavoravano nella città di dom Helder Càmara (Recife) e da due anni ero impegnato nel movimento di evangelizzazione che stava costituendo le pri­me comunità ecclesiali di base. Poi la cena, un momento di grande gioia fraterna.
 
Avevo saputo che quel tipo di incontro era il modo con cui la comunità avvicinava i missionari in partenza da Genova, dopo aver loro offerto un prezioso servizio di aiuto per la spedizione dei loro bagagli.
 
Quello che mi aveva colpito in don Acciai (e il tempo mi ha convinto che si tratta­va di un fatto abbastanza eccezionale) era la sua intuizione che il passaggio da Geno­va di missionari in partenza era una occasione provvidenziale, non solo per rendere un servizio, non solo per offrire ai partenti un'ultima serata in patria trascorsa in gioiosa fraternità, ma anche una opportunità straordinaria per la sua comunità, di ricevere dei doni di esperienza e di vita da parte delle Chiese del Terzo Mondo.
 
Quel "messaggio" che don Acciai mi ha consegnato nel nostro ultimo incontro all'aeroporto, diceva un grazie riconoscente a quelle comunità, per la loro fede, il loro amore alla Parola di Dio, la loro vita fraterna, doni che la comunità di N.S. della Provvidenza sentiva di aver ricevuto attraverso la mia testimonianza.
 
Sono rientrato definitivamente da quasi dieci anni: la mia esperienza e quella di tanti altri amici, è stata di una grande fatica per reinserirsi; ma soprattutto di una grande sofferenza nel vedere tanto spesso una grande indifferenza nei riguardi delle Chiese giovani, quelle del Terzo Mondo, che vivono un'alba nuova per la storia della Chiesa.
 
La nostra Chiesa ha in generale ancora troppe sicurezze, troppe certezze. Abbia­mo una lunga storia, delle tradizioni, tanta cultura. Siamo disposti a dare un po' delle nostre ricchezze, ma non siamo altrettanto disposti a comprendere che altri popoli, altre Chiese, possiedono a loro volta doni e ricchezze che potrebbero andato ad aprire nuovi cammini.
 
Don Acciai, invece, aveva intuito il senso nuovo della "missione" intesa come scambio di doni e di ricchezza tra Chiese sorelle. Per questo aveva offerto alla mia comunità, come importante mezzo educativo, l'incontro con i missionari, in un clima di ascolto.
 
A dieci anni dalla sua morte ci ripropone ancora questo cammino che gli ha per­corso con la fede, la forza e il coraggio di un profeta.
 
Lino Badino
 
Sacerdote della Diocesi di Savona - ex Missionario
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