Testimonianze: Un amico, un fratello, un compagno di lotta - Don Acciai - un prete, una comunità, un quartiere

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Don A. Acciai - un prete, una comunità, un quartiere
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Testimonianze: Un amico, un fratello, un compagno di lotta

Testimoni
UN AMICO, UN FRATELLO, UN COMPAGNO DI LOTTA
Tante altre persone avrebbero potuto testimoniare la nobile figura di Don Acciai, nel quartiere: che cosa potrei aggiungere io?
Avevamo in comune le stesse cose: la sua chiesa era una baracca, un grosso capannone provvisorio e io, segretario di una sezione del partito comunista della zona di via Napoli, avevo per sede una grossa baracca. Eravamo due baraccati.
Se la memoria non mi tradisce, vorrei ricordare alcuni momenti, vissuti insieme, della sua intensa vita di sacerdote.
Con i suoi modi semplici e modesti, sapeva coinvolgere, senza nessuna distinzione di parte, tutti quelli interessati ai problemi sociali che impellenti spingevano la gente più sensibile a ricercare delle soluzioni: qui era onnipresente.
Come tanti che l'hanno seguito lungo il suo breve cammino di parroco, lo posso definire un amico, un fratello, un compagno di lotta. Amico, perché sempre dispo­nibile ad ascoltare tutti senza alcuna distinzione.
Fratello, perché pronto sempre ad aiutare i bisognosi che chiedevano una benefi­cenza, anche se le sue possibilità erano molto limitate.
Compagno di lotta, perché sempre presente in prima persona nella difesa della di­gnità dell'uomo, per i diritti sociali dei cittadini.
Grazie all'ospitalità concessa nella sua chiesa (baracca) ad un gruppo di volente­rosi, si costituì una sezione di pubblica assistenza, un servizio dipendente dalla casa-madre di via della Fenice. Avemmo allora degli scontri frontali per ottenere l'indi­pendenza del gruppo e fondare l'attuale sede dei "I Volontari" di via Vesuvio. Chi allora ha partecipato a queste battaglie, grazie alla presenza "fisica" di Don Acciai, ricorda che ne uscivamo sempre con un solo scontro verbale.
Fu uno dei promotori della protesta che si sollevò all'epoca, per la tragedia di quel ragazzo che morì annegato nel lago del Lagaccio. Fu lui che imprestò il megafono al giovane compagno Paganetto Dario e partecipò a titolo personale al corteo che attraversò la città per recarsi dal Prefetto di Genova a chiedere il riempimento del lago, pericoloso per i bambini della zona.
A capo della sua comunità promuoveva dibattiti con i comunisti (nella baracca), incontri e scambi a livello di professori e teologi, nella ricerca sempre della verità sul tema cristianesimo e marxismo (ricordo anche la presenza del compagno Monteverde).
Gli aspetti di questi contatti erano sempre concordati con il nostro compagno re­sponsabile degli "Amici dell'Unità", il defunto Tomaso Cantatore, che in quell'e­poca era anche il nostro segretario politico della sezione.
Era presente con la sua comunità, specie giovanile: aveva aderito all'organizzazio­ne per la celebrazione del ventennale della liberazione di Genova (era il 1965) con dibattiti e con la richiesta dei giovani cattolici per incontri con i capi partigiani sia dell'ANPI che del C.L.N.: il comandante Bini (Serbandini) e il comandante Lazagna. Erano interrogati dai giovani per sapere la verità sulla lotta partigiana e sulla resistenza al nazi-fascismo.
Potrei ancora ricordare la lotta per la scuola materna e altre iniziative come quella nostra (sempre bella baracca) sulla Repubblica Democratica Tedesca, coordinata dal defunto amico e compagno Metta. Sensibile a tutti i problemi, in particolare (era il 1966, il periodo del Vietnam) la "Pace", problema di allora, di ora e di sempre.
Era un sacerdote aperto a tutti e quindi molto esposto a certe critiche.
Ma credo di dover fermarmi qui, credo che nessuno di noi potrà dimenticare mai il comportamento di un uomo semplice, amato da tutti quei cittadini che lo hanno conosciuto e stimato, forte nella Fede così come era nel suo fisico.
Luigi Coppa
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