Verità, libertà e valore della vita di fede
Grazia
Gesù chiede che si creda in lui come Messia e come Figlio, appellandosi per credibilità alle sue opere. Dopo l’ingresso trionfale a Gerusalemme, molti non credevano nella rivelazione di Gesù: riflettendo, il Cristo era identificabile con Dio, per le parole degne di fede in quanto congruenti con le sue opere divine.
I Nazareni si stupirono delle opere, eppure rimasero diffidenti e ostili con orgoglio e incredulità; resistendo a Gesù, i benefici non abbondano, perdono la ragion d’essere. Invece, il padre del ragazzo epilettico supplicò per un aiuto da Gesù e, udito che tutto è possibile per chi crede, chiese aiuto per la sua incredulità: Gesù opera la guarigione e spiega ai discepoli la potenzialità della fede.
Al cieco nato fu chiesto di credere, ma questi desiderò prima di conoscere chi lo aveva appena guarito, poi si aprì alla fede; con l’umiltà di chi cerca Dio, si ottiene la grazia della vista spirituale con cui riconoscere il Figlio dell’uomo; al contrario, chi confida in sé rifiuta la luce che viene dall’alto e si condanna alla cecità.
La fede nel Figlio è adesione anziché rifiuto ed i segni della croce sono la prova definitiva per professare la fede nell’incontro con il Risorto.
Beati saranno quanti crederanno, per i segni tramandati, che Gesù è Figlio di Dio: avranno la vita nel suo nome accogliendo il Verbo e divenendo figli di Dio, pronti a rispondere a chi domandi ragione della speranza con retta coscienza e pronti a soffrire operando il bene, piuttosto che fare il male.