La rinuncia a sé
La spiritualità
Nel capitolo 5 de “La Salita al Monte Carmelo” mostra con immagini della Sacra Scrittura quanto sia necessario all'anima andare a Dio attraverso la notte oscura della mortificazione delle passioni.
Per questo al primo punto cita Sant'Agostino, il quale, rivolgendosi a Dio, afferma nei ‘Soliloqui’: “Me misero! Quando la mia pochezza e la mia imperfezione potranno incontrarsi con la tua rettitudine? Tu sei veramente buono e io cattivo; …”,
qualificando l’idea della distanza esistente tra i beni creati in sé e ciò che Dio è in sé.
La conseguenza è che quando le anime si attaccano ad un bene del creato, quell'amore le rende ad esso somiglianti e perciò altrettanto lontane dall'incontro con Dio.
La cupidigia stessa, finanche indirizzata a un bene soprannaturale, è di ostacolo ed allontana perché è infinita la distanza da quanto Dio può concedere.
È estrema ignoranza dell’anima cercare l’unione con Dio, senza essersi prima distaccata dalla cupidigia.
Il Signore c’insegna infatti: “Chi non rinunzia a tutti i suoi averi non può essere mio discepolo” (Lc 14,33).
la dottrina che il Figlio di Dio è venuto a insegnare è il disprezzo di tutti i beni creati, per poter accogliere in sé il puro spirito di Dio. In realtà, finché l’anima non se ne libererà, non potrà accogliere questo spirito di Dio e raggiungere la pura trasformazione in lui.