Il valore della creatura - Romanze di San Giovanni della Croce

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Il valore della creatura

Un progetto e un fine
“Qui propter nos hómines”: capo d’accusa di superbia o valore dell’uomo?
L’idea di Dio, essere superiore, che soffre e si sacrifica per l’uomo, essere inferiore, suscita nei gentili di ogni tempo la critica di una irragionevole superbia che ha per apice il qualificarsi “figli di Dio”.
Le critiche pongono la prospettiva antropocentrica esperienziale in contrasto con l’assoluta trascendenza, come intese da neoplatonici e gnostici nell'era classica, o da esistenzialisti, idealisti, materialisti, nichilisti o pragmatisti nell'era moderna.
Il capo d’accusa di superbia nei cristiani si focalizza sulla definizione di “figli di Dio” o sulla passione di Gesù “a causa dei nostri peccati”; per esempio Voltaire, distorcendo il simbolo cristiano, denuncia una pretesa che tutto sia “fatto soltanto a pro dell’uomo”.[cf. Micromega]
Sono due le improprietà che ingannano, una semantica ed una logica.
Il significato di “per” può reggere, tra le varie possibilità, un complemento di causa o di termine. Nella accezione causale si cadrebbe in contraddizione ponendo l’uomo come ‘causa’ delle più grandi azioni di Dio, che è ‘Causa Incausata’.
Basta risalire all'originale termine latino “propter” per identificare che l’unica accezione intesa è di termine, e precisamente in rapporto con un bene sul quale si vanta un diritto, e per il quale si agisce.
Quindi il Simbolo ribadisce che siamo creature di Dio, un bene da Lui creato, e che “per” salvare il suo bene agisce nel mondo e nella storia.
L’essere “cosa molto buona” creata da Dio e da Dio posseduta, preclude la superbia invitando anzi all'umiltà; piuttosto è motivo di gioia, nell'essere ritenuti un gradito dono, e motivo di riconoscenza, nell'essere ritenuti un prezioso bene da salvaguardare.
La seconda improprietà è logica, simile a quanto insito nell'inganno del serpente, al quale Eva seppe in un primo tempo rispondere; sono introdotte due piccole distorsioni alla verità, la prima è apparentemente innocua ma fuorviante, ma la seconda insinua e scava il dubbio:
·     Dio agisce soltanto per noi? L’essere Dio è una relazione in cui la creatura è necessaria?
·     L’uomo desidera sopravvivere? È questo istinto a far immaginare un creatore buono?
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