San Marcellino (GE) - l'architetto della chiesa di San Marcellino - San Marcellino

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San Marcellino
Santa Maria Addolorata del Maragliano
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San Marcellino (GE) - l'architetto della chiesa di San Marcellino

MANUEL DESOI E LE SUE PITTURE NELLA CHIESA
 
"Mi fu chiesto un racconto dei miei primi anni ed io lo raccontai.
Era una strada piena di spine ma volevo diventare prete. Il mio racconto era piccolo perché lo ero anch'io e i grandi ridevano senza capire, loro non capiscono mai.
Le spine della strada si allungavano, vidi tante rose, mi masturbai e conobbi il pianto: mi spaventai, non volevo diventare grande: facevo dei disegni piccoli come me immaginandoli enormi come gli altri.
Nel mio racconto lasciai correre la fantasia per procurarmi un sogno, e sognai nel misticismo di un convento, voti religiosi e canti gregoriani impregnati di nuvole d'incenso.
La mamma più bella del mondo mi diceva che ero nato una notte di un sette novembre durante una terribile tempesta, la città di Gerona al buio.
Eravamo noi due da soli, l'unica compagnia una candela.
L'uragano portò via anche il fumo dell'incenso, senza l'abito clericale sentii la mia nudità e dovetti nascondere la mia vergogna sotto la sottana di una donna.
I grandi cominciarono ad ascoltare il mio racconto con più interesse ed io ebbi paura. Sentivo, però, un impulso che mi faceva inventare altre rose, altre strade, profumi di altri incensi, ma nella creazione non mancavano pure altre spine.
Sognai che raccontavo, o forse raccontai che sognavo, che i miei piccoli disegni erano diventati grandi quadri, sognavo mostre d'arte a Barcellona e in tante altre città spagnole, e poi a Parigi, Bruxelles, Ginevra, Losanna, Neuchatel, Milano, Genova...
Sviluppando sempre la mia fantasia raccontai il mio arrivo alla terra dei miei antenati, Genova, armato di pennello e tavolozza.
I vicoli mi sembravano vecchi, di più, ancora di più, come il bambino guarda l'anziano; mi specchiavo nelle sue pietre mummificate d'antichità e l'odore della sua muffa assaporava la mia pelle.
Nell'oscurità vidi un lampo, due occhi pinti di nero e acqua, un abbraccio in mezzo al vicolo. Il toro prepotente calpestò l'arena, fu un pomeriggio di aprile e la corrida urlò con un muggito di rabbia color rosso tramonto.
I grandi non ridevano più ascoltando il mio racconto e mentre cercavo di sporcare nuove tele con la sincerità dei miei rossi, gialli e blu, fui rinchiuso in gabbia di ferro e gettato in mezzo al mare.
Vidi lo squalo bianco e mi avvicinai alla sirena mora; fra i denti del mostro udii il canto di una speranza dolce.
Non mi ricordo più del futuro: forse domani.
Mi rimane il dubbio di avere raccontato un passato invecchiato o di essere rimasto quel bambino che racconta ancora cosa farà da grande."
Manuel Desoi
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